Diario della domenica
LE DONNE CHE VANNO DA SOLE IN SPIAGGIA
C'è poco da fare aficionados, le spiagge sono più belle a settembre.
Fa più freddo, le giornate sono più corte, ma le spiagge sono più belle.
Così oggi, nel solito spazio domenicale, vi racconto proprio questo, delle spiagge a settembre, e di cosa, scrutando e guardando il mondo ha da sempre attirato la mia attenzione.
Succede soprattutto in
prima estate, a tarda primavera o a settembre se l’autunno è
particolarmente generoso. Adriatico o tirreno, le puoi trovare
ovunque. Non molte, ma ci sono.
E sono immediatamente riconoscibili.
Hanno tra i trenta e i quarantacinque anni, quasi sempre sono molto
belle e hanno una straordinaria padronanza del loro
corpo, lo capisci subito da come si muovono.
A volte prendono un
lettino e un ombrellone giornalieri che pagano al bagnino con pezzi
da cinquanta, più spesso preferiscono le spiagge libere o l’estremo
bagnasciuga, dove adagiano teli sofisticati multicolore, che di
solito riproducono motivi orientali o fantasie anni
sessanta/settanta.
Hanno parei sfrangiati, occhiali da sole che a
volte non tolgono nemmeno quando si stendono, fumano molto e non
salutano mai nessuno, come se venissero da un paese relativamente
lontano alla spiaggia, come lo facessero apposta di venire proprio
lì, dove non conoscono nessuno.
Qualche anno fa, ho passato
diversi fine settimana lunghi e solitari ad Albinia, vicino Grosseto,
in una casa a due passi dal mare che un amico generoso e speciale mi
metteva a disposizione per scrivere in assoluta tranquillità. Nella
spiaggia sotto la casa, dove andavo a passeggiare e dove quasi sempre
mi fermavo al baretto a mangiare o a bere un caffè, la domenica
c’era lei. Sempre.
Mai saputo come si chiamasse, più o meno
quarant’anni portati benissimo, la pelle scura di lampade e
ripetuti passaggi invernali in montagna, i capelli castani e
vaporosi.
Ma soprattutto, gli occhi. Tutta la sua solitudine era in
quegli occhi nocciola, accesi e arresi, duri, immensi e vagamente
inquietanti. Ho passato molte ore di molte domeniche ad osservarla da
lontano.
C’era in lei, come in tutte le altre donne che vanno da
sole in spiaggia, una sorta di quiete immobile, un’incrollabile
pacificazione, una strana serenità quasi tibetana. Lei, come le
altre, rimaneva lì, stoica, sotto il sole, senza cedere, senza
sbuffare, senza accennare la benché minima insofferenza all’esercito
di uomini che, puntualmente e ogni domenica, cercava di abbordarla.
La scusa di solito era una sigaretta.
Li vedevo da lontano, i
pretendenti.
A volte stavano in posizione d’attesa anche quindici,
venti minuti, cambiando impercettibilmente posizione per guadagnarne
una più propizia al loro scopo. Poi, appena lei si accendeva una
sigaretta, partivano con passo rapido che si sforzava di restare
indifferente.
Credo che anche lei se ne accorgesse, di queste lunghe
attese. Ma faceva finta di nulla e non li metteva in alcun modo in
imbarazzo. Gli uomini che abbordano una donna che va sola in spiaggia
le chiedono sempre da accendere, e il teatrino di Albinia non faceva
eccezione.
“Scusa, avresti mica da accendere?”. Non c’è niente
da fare: anche se m’intristiscono, questi momenti convenzionali mi
fanno lo stesso impazzire.
È incredibile: “scusa, hai da
accendere?”, che in realtà significa “scusa, ti ho vista qui
sola, sei bellissima, vorrei provare ad attaccare bottone e poi
magari invitarti a cena e, soprattutto, venire a letto con te”.
E
lei lo sa che c’è tutto questo dietro quello “scusa, hai da
accendere”, ma fa finta di niente. E anche loro, gli uomini, sanno
che lei sa, sanno che sono stati preceduti e che saranno seguiti da
altre decine di maschi che hanno detto e diranno la stessa identica
cosa, ma anche loro fanno finta di niente.
E allora la conversazione
va avanti così, nel solco di sottotesti che più codificati non si
può. Lei non li manda mai via, ma nemmeno risponde, se non con un
cenno appena percettibile del capo, che vuol dire qualcosa tipo “sì,
ho da accendere, però sono qui a prendere il sole e non a farmi
rimorchiare, anche se, insomma, lo so che non si sa mai, ma qualcosa
di più originale da dire non lo trova nessuno? Esiste un uomo che
possa ancora sorprendermi?”.
E anche qui, via di convenzioni: lei
sa, mentre afferra l’accendino dentro la borsa da spiaggia, che
loro sanno cosa intendeva con quel breve cenno di capo, e loro allora
si predispongono a una situazione non facile, con pochi spiragli, ma
che comunque vale la pena tentare, perché lei è sola e perché è
davvero bella.
Così si accendono la sigaretta con la massima
lentezza possibile, per prolungare il tempo dell’unica
giustificazione al loro essere lì accanto a lei.
E poi,
riconsegnando l’accendino, dicono qualcosa tipo: “Bello il mare
oggi, vero?”, una frase che vuol dire “è un peccato starsene
soli in una giornata come questa”, ma vorrebbe far intendere anche
“hai visto come sono sensibile, come apprezzo la natura, davanti a
te c’è un uomo sensibile, non il solito vitellone da spiaggia
tutto pisello”.
Di nuovo lei non risponde, se non con un “eh sì”
appena udibile.
Lei riuscivo a vederla da lontano: nel dirlo a
malapena apriva la bocca. E qui i sottotesti iniziano ad
allontanarsi, a prendere strade diverse.
Ad esempio loro non
capiscono che lei alla storia del mare e dell’uomo sensibile non
abboccherà mai, che non ci abboccava già ai tempi delle medie. Ma
non importa, vanno avanti, e quasi sempre, a questo punto, cercano
goffamente di entrare in intimità e farla sentire speciale.
Dicono
cose tipo “mi piacciono le donne indipendenti”, che ovviamente
vuol dire “mi piaci tu, che sei così indipendente da venirtene da
sola in spiaggia”.
Ma non solo: sottintende anche una sorta di
subdolo suggerimento di un futuro possibile, come a dire “se tra
noi funziona, ti lascerò sempre libera di fare quel che vuoi”.
Ed
è questo, proprio questo, il sottotesto più vile, più meschino e
più falso di tutti. Perché lei, soprattutto lei, sa benissimo che
tra tutte le frasi trite che le dicono, questa è la più
circostanziata, la più fasulla, detta solo ad uso e consumo di una
scopata possibile.
Lei sa (lo sanno anche loro, ma non lo
ammetteranno nemmeno sotto tortura) che non è affatto vero. Che se
tra di loro dovesse disgraziatamente funzionare qualcosa, tempo un
mese scarso e le proibiranno categoricamente di venirsene in spiaggia
da sola. Che addirittura, forse, qualcuno di loro è pure fidanzato,
sposato, e non permetterebbe mai alla sua donna di venirsene in
spiaggia da sola e anzi, se sta provando ad abbordare lei è proprio
perché è una tipa che viene sola in spiaggia, una facile, una che
ci sta sicuro. Una con cui, scopata a parte, non ci starebbe mai.
Questa codificata danza di corteggiamento ha una durata
variabile, ma quasi mai superiore ai trenta minuti. In questi trenta
minuti circa loro hanno parlato, inanellando una puttanata dopo
l’altra, lei ha risposto a cenni e monosillabi, garbata e
impassibile. E alla fine loro salutano e se ne vanno.
Io lei, ad
Albinia, non l’avvicinai mai. Forse le avrei detto le stesse cose,
forse anch’io dopo averle chiesto d’accendere le avrei detto di
amare le donne indipendenti. Fatto sta che non le rivolsi mai parola.
La osservai soltanto, una domenica dopo l’altra, sopportare quegli
abbordaggi sempre uguali senza battere ciglio.
Fino al giorno in cui
al bar, a due tavolini di distanza da me, andò da lei un uomo. Le
chiese da accendere e lei rispose con un lieve cenno di capo. Lui
allora le disse quanto fosse bello il mare quel giorno e lei annuì
spalancando appena la bocca. Poi lui la buttò sulle considerazioni
personali, fino a dirle quanto gli piacessero le donne indipendenti.
E lei stavolta, per la prima volta, rispose togliendosi gli occhiali
da sole e mostrando quegli occhi solitari e omicidi, sorridendo pure
e, nel sorridere, svelando quelle rughe d’espressioni che
nascondono chilometri di sottotesti d’assenso. E alla fine, scaduta
la mezzora di prassi, accettò l’invito a cena di quell’uomo e
andò via con lui.
Quell’uomo non era più bello, né più
brutto, né più originale degli altri. È che la solitudine a volte
sfianca le gambe, anche ai solitari.
E bisogna pur sopravvivere, in
un modo o nell’altro.
IL LESTO
per contattarci, sposarci o insultarci, scriveteci a:
lestiniriccardo@gmail.com
Nelle prcedenti puntate de Il Diario della Domenica, abbiamo raccontato:
Cosa succede in un bar fiorentino gestito da un maniaco sessuale
L'incontro più imbarazzante fatto dal sottoscritto lestoscrivente
La figura di merda più assoluta della vita del sottoscritto lestoscrivente
Come la polizia ferroviaria perseguita il sottoscritto lestoscrivente
Perché gli sms hanno sempre un porno contenuto nascosto
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Sempre eccezionale, come quando insegnavi a me.
RispondiEliminaQuesti brevi racconti mi ricordando di quando ci leggevi in classe...come potrei dimenticare un prof così...
Grazie!!
EliminaLa prossima volta firmati, così ti ringrazio di persona!! :))
sembra di essere lì, vederla, toccarla..
RispondiEliminabravissimo