domenica 31 agosto 2014

CERCANDO PENELOPE (racconto di agosto)

Racconto di agosto 


Come ogni ultimo del mese, torniamo a pubblicare un "lestoscritto" più o meno inedito. 
Per questo mese, abbiamo scelto una poesia e non un racconto. 
Una poesia non inedita, contenuta nel libro Solitudini (Riccardo Lestini, Portaparole edizioni, 2013). 
Non da leggere, ma da ascoltare, interpretata dalla voce splendida e sublime di Silvia Beillard, e suonata dalla musica incantata di Marco Rimoldi. 
Ascoltate, sognate... 


  

Scriveteci il vostro commento qui sotto oppure a questo indirizzo:
lestiniriccardo@gmail.com 

Per il "racconto del mese", abbiamo già pubblicato: 

IL BAR DEL MANIACO SESSUALE

Diario della Domenica

IL BAR DEL MANIACO SESSUALE

Di domenica mattina, in agosto, trovare un bar aperto in città può essere davvero difficile. Così a volte, aficionados cari, ti trovi costretto ad andare a far colazione nei peggiori buchi dell'universo, che poi sono sempre gli unici che trovi aperti.

C'è un bar a Firenze, in via **** (censura), zona **** (altra censura), chiamato bar **** (ulteriore censura), che sta aperto sempre, tutto l'anno, domeniche d'agosto incluse.
Ebbene, anche se fosse l'ultimo bar della terra, ho giurato a me stesso di NON METTERCI MAI PIÙ PIEDE.
Il proprietario è un pericolosissimo maniaco sessuale che a qualsiasi ora del giorno intrattiene i clienti (non importa se uomini o donne, giovani o anziani, bambini o infanti) con discussioni a sfondo brutalmente erotico dalle tinte surreali e grottesche.
E oggi, approfittando della solita pausa domenicale in cui vi racconto gli episodi più assurdi e imbarazzanti della mia esistenza, voglio riportarvi la discussione cui assistetti l'ultima volta che misi piede là dentro, circa un paio d'anni fa.

E' metà pomeriggio, è inverno, fa freddo e ho una lunga serie di commissioni da sbrigare qua e là per il centro.
Solo che ho sonno. Maledettamente sonno. Bisogno assoluto e urgente di caffè.
Il sonno è così forte e rincoglionente che ancora una volta commetto l'errore fatale: entro in QUEL maledetto bar.
E assisto a questa accesissima discussione. 

Il seguente dialogo avviene - mentre io sorseggio impietrito e incredulo il mio caffè - tra il suddetto maniaco sessuale e un anziano signore che parla uno strano dialetto ciociaro-garganico.



ANZIANO - Ma è 'o vero? 

MANIACO - Tu vedrai...se l'hanno detto a i' telegiornale....

ANZIANO - Ma ie non gapische...ma perghé chiste uomme se facette la protesi? 
MANIACO - Eh...perché...perché gl'aveva i' cazzo piccino!
ANZIANO - Ehhhh....mo uno che tien il dringolo (il dringolo?? io ho capito così...ndr) piccolo se va a fasse la protesi? E la moglie nun lo sapette? 
MANIACO - Dio bono, lo sapeva sì...glie l'ha fatta fare lei...tu vedrai, e un godeva...
ANZIANO - Glie la facette fare la moglie?? Prima glie la facette fare e poi chiedette il divorzio??
MANIACO - Eh sì...perché con la protesi un gli si rizzava più...
ANZIANO - Eh....lo dico sempre ie! (lo dice sempre?? è un argomento quotidiano questo qua? ndr) Meglio un cazzettino piccillo che sta sù che un pisellone che nun se potette usà! (forse è un proverbio molisano, ndr)
MANIACO - Ahahahahahahahah!!!
ANZIANO - Il cazzo è un dono di Die! Die te l'ha dato, e oggi non sapessimo più accontentarci dei doni di Die...e Die s'ancazza e ce punisce! Allora, a esso, gli sta proprio bene! 
(silenzio; il maniaco prende fiato, e mentre pago si avvia al finale trionfale)
MANIACO - Vero! Viva le fave naturali!!!!

Ogni commento è superfluo... 
Alla prossima aficionados!!

IL LESTO 

per contattarci, scrivici a: 
lestiniriccardo@gmail.com

Nelle puntate precedenti del "Diario della domenica" abbiamo raccontato: 

L'incontro più imbarazzante fatto dal sottoscritto lestoscrivente

La figura di merda più assoluta della vita del sottoscritto lestoscrivente

Come la polizia ferroviaria perseguita il sottoscritto lestoscrivente

Perché gli sms hanno sempre un porno contenuto nascosto 

sabato 30 agosto 2014

UN POETA DI NOME SERGIO CITTI


LestoFilm

UN POETA DI NOME SERGIO CITTI

Cari aficionados,
in questo ultimo sabato d’un agosto improvvisamente tornato caldo noi ci si dedica al consueto appuntamento filmofilo ragionando di cinematografo.

E oggi abbiamo voglia di parlare di super cinematografo, perciò dopo un mesetto ritorniamo all’universo pasoliniano e affrontiamo uno di quegli artisti che riteniamo sconsideratamente immensi e importanti per tutta la storia della settima arte. E non solo.
Pochi lo sanno e soprattutto pochi lo ricordano, ma Pasolini, che secondo noi è stato il più importante e decisivo intellettuale italiano del secondo novecento, nel suo pazzesco percorso artistico tra cinema e letteratura e teatro e chi più ne ha più ne metta, ebbe un maestro, un maestro così importante e decisivo che, se non l’avesse incontrato, la sua storia di scrittore e regista non sarebbe certo stata la stessa.

Nel 1949 Pasolini, dopo il celebre “scandalo di Casarsa” (il processo per corruzione di minori e la cacciata dalla scuola e dal PCI per la sua omosessualità), si trovò costretto ad abbandonare il suo Friuli e a trasferirsi a Roma.
Chi conosce Pasolini lo sa: senza Roma Pasolini non sarebbe stato Pasolini. L’incontro con le borgate, con la Roma vitale e disperata del tempo, con il mondo violento e purissimo del sottoproletariato romano, fu il perno centrale della sua narrativa (Ragazzi di vita, Una vita violenta, Alì dagli occhi azzurri) e del suo esordio al cinema (Accattone, Mamma Roma, La ricotta, la sceneggiatura de La commare secca, film d’esordio di un appena ventunenne Bertolucci)

Ma il borghese Pasolini, appena arrivato a Roma e rimastone folgorato, avrebbe continuato a guardarla con gli occhi incantati e sognanti di un esterno. Se non avesse avuto una guida, un Virgilio che lo conducesse per mano dentro i gironi danteschi delle baracche delle borgate, non ne avrebbe mai colto l’essenza, non l’avrebbe mai vissute nel senso più pieno del termine.

E il Virgilio di Pasolini non fu un altro poeta dal nome altisonante, non fu un grande vecchio dell’olimpo intellettuale.
No, fu un ragazzo di borgata, un ragazzo di vita conosciuto casualmente durante i tuffi nel Tevere, un giovane appena uscito dal riformatorio, quasi analfabeta.
Fu Sergio Citti.

Il rapporto tra Citti e Pasolini fu qualcosa di incredibile e meraviglioso, una doppia rivelazione, una doppia epifania. Uno di quei rari casi in cui uno è maestro dell’altro al punto da annullare i confini tra i due ruoli.
Pasolini fece scoprire a Citti la poesia, la letteratura e il cinema. Soprattutto, il cinema. Di Citti, di quel ragazzo di vita fresco di riformatorio, seppe cogliere l’impressionante vocazione artistica, tutta la genialità inespressa che portava dentro.
Citti, viceversa, svelò a Pasolini la poesia delle borgate, gli raccontò la Roma più vera col suono dolce e violento delle ottave dei cantastorie. E, soprattutto, gli insegnò la vera e autentica lingua dei poveri.
Se film come Accattone e Mamma Roma sconvolgono per la loro verità, tale autenticità impressionante la dobbiamo tutta a Sergio Citti.
Al maestro e poeta Sergio Citti.

Sì, poeta. Un poeta della macchina da presa.
Dopo un apprendistato lungo e intenso (fu accanto a Pasolini in veste di collaboratore ai dialoghi, aiuto regista e co-sceneggiatore praticamente in tutti quanti i suoi film), esordì alla regia nel 1970 con un film lirico e spietato, il bellissimo Ostia.

A quell’esordio meraviglioso seguirono molte altre splendide prove di regia, film sempre diversi, originali, sorprendenti, sempre interpretati da attori clamorosi.
Solo un poeta come Citti poteva girare un film come Casotto (1977, con attori del calibro di Gigi Proietti, Jodie Foster, Michele Placido, Ugo Tognazzi, Mariangela Melato), interamente ambientato in una cabina della spiaggia libera di Ostia, microcosmo geniale di una borghesia in pieno disfacimento.
Solo un poeta come Citti poteva dar vita a Mortacci (1989), picaresco poema sulla vita dopo la morte.
Solo un poeta come Citti poteva vivere una vita accanto a Pasolini e non sentirne il peso, ma viverla al contrario con leggerezza, non cercare di imitarlo e trovare un registro stilistico ed espressivo completamente proprio e originale.

Oggi i film di Citti, scomparso nel 2005, giacciono lì, dimenticati e abbandonati, ripescati ogni tanto dalle programmazioni notturne.
Non sarebbe male, ogni tanto, ricordarsi degnamente di questo poeta. E dei capolavori che ha saputo produrre.

Alla prossima,
IL LESTO

Per contatti, suggerimenti, inviti a nozze e quant’altro, scriveteci a:

Altri articoli del blog sullo stesso argomento:


Abbiamo inoltre pubblicato, nella rubrica LestoFilm:





venerdì 29 agosto 2014

TRE LIBRI DA LEGGERE A SETTEMBRE

LestoLibri

TRE LIBRI DA LEGGERE A SETTEMBRE

Aficionados nuovi e vecchi,
bentrovati e benserviti al nostro consueto e rituale venerdì letterario.
Dopo la trilogia americana Fante-Carver-Bukowski e dopo la gitarella inglese a caccia di Russell, oggi per la prima volta LestoLibri approda in terra nostrana e ragiona di letteratura italiana parecchio, ma parecchio contemporanea.

Questa qua, premettiamo subito, è una puntata un tantinello diversa dalle altre, nel senso che non la si dedica al profilo d'un autore per poi andare sul di lui libro di cui ci garba di più parlare.
No, oggi noi vi si presenta una puntata più d'invito alla lettura che di riscoperta di quello o quell'altro, consigliandovi tre dico tre romanzi da leggere nel settembre imminente.
Perché da leggere proprio a settembre? Anzitutto perché a noi sta sul culo sta storia dei libri da leggere sotto l'ombrellone e si voleva dire una cosa diversa. E visto che secondo noi tempo per leggere bella roba va trovato tutto l'anno (sì, lo si sa da noi, siamo intellettuali snob e rompicoglioni), si dice settembre semplicemente perché è il nostro mese preferito. Non solo per leggere, ma pure per tutto il resto.

I tre libri di cui vi si parla oggi sono recentissimi (2003, 2008 e 2010 i rispettivi anni d'uscita) e oltre al fatto che secondo noi sono splendidi (altrimenti mica ve li si consigliavano), sono libri nascosti, dimenticati che, benché splendidi, sono stati soffocati da un mercato editoriale che privilegia sempre il marketing sul contenuto, e non hanno avuto la visibilità che meritavano.
Tanto per dire, ho fatto un girello per le grandi librerie ieri mattina, e ho potuto vedere che non è presente nemmeno uno dei tre. Ma se interessati, vi indicheremo i link per dove e come ordinarli (ricordatevi quel che vi s'è detto la settimana scorsa, se non si tratta di un libro edito da un colosso dell'editoria nazionale, meglio ordinarli on line i libri, che le librerie fanno ostruzionismo e ve li fanno arrivare dopo tre mesi).

Andiamo in ordine cronologico e partiamo dal più antico.
Primo libro di cui vi si consiglia la lettura settembrina è Vite minime. Scritti diseducativi di Daniele Boccardi, edito dalla mitica casa editrice Stampa Alternativa dell'ancor più mitico Marcello Baraghini nel 2003, collana Eretica.
Non giriamoci troppo intorno: Daniele Boccardi è un genio. Anzi, purtroppo ci tocca dire era un genio, visto è tragicamente morto suicida, a soli trentadue anni, nel 1993.
Non ha mai potuto firmare un frontespizio, Daniele. I suoi (pochi) libri sono tutti usciti postumi, grazie al padre elettrauto, che oltre ad aver creato il fondo Daniele Boccardi, a partire da quel maledetto 1993 ha incessantemente mandato i manoscritti del figlio agli editori. Finché nel 2001 quei manoscritti non sono arrivati sulla scrivania di Baraghini, a Viterbo. E Baraghini, saltando sulla sedia, si è immediatamente reso conto di avere a che fare con un materiale unico e immenso, doloroso e splendido.
Un genio di cui nessuno si è accorto, come spesso capita in Italia, e che quasi tutti continuano a ignorare. Grossetano come Bianciardi (con cui oltre alle origini condivide molte, moltissime altre cose), in questa splendida raccolta di racconti che è Vite minime. Storie diseducative, Daniele Boccardi ci racconta il nulla atroce e straziante del vivere in provincia.
Li conosceva bene Daniele, la provincia e i suoi paradossi grotteschi e incomprensibili, a partire da quelli del suo paese natale, Massa Marittina, che è già un paradosso di termini, visto che pur chiamandosi così non ha il mare.
In questo libro non troverete trame complesse, effetti creati ad arte, né gli estetismi e le leziosità fini a se stessi che vanno tanto di moda nei libri di oggi. Troverete la scrittura lucida e disperata di chi dipinge col tocco violento e dolce del pittore illuminato il suo mondo spietato e claustrofobico, quella provincia prigione da cui tutti siamo stati generati.
Troverete farmacisti, preti di paese, ragazzi sperduti in un mondo troppo immenso, persone che smettono di amarsi senza un perché, caffè che sanno di rimpianto. Vite minime, insomma, mediocri, eroicomiche, meschine, tragiche, semplici. Vere.
Leggetelo. C'è ognuno di noi, in quelle righe.
Potete ordinarlo a questo link:
http://www.ibs.it/code/9788872267363/boccardi-daniele/vite-minime-scritti-diseducativi.html

Il secondo libro è invece il romanzo d'un giovane scrittore romagnolo, classe '74, che seguo da sempre e amo moltissimo.
Lui è Cristiano Cavina e il libro si chiama I frutti dimenticati di Cristiano Cavina, edito da Marcos y Marcos nel 2008.
Ferocemente e spudoratamente autobiografico, il romanzo è ambientato (come quasi tutta la produzione di Cavina) a Casola Valserio, il minuscolo paese natale dello scrittore.
Il protagonista è un trentaquattrenne che non ha mai conosciuto il padre, sparito quando era molto più che un bambino senza lasciare nemmeno un perché. Ma proprio l'essere costretto a immaginare suo padre, lo ha trasformato negli anni in un uomo dotato di una fantasia prodigiosa e speciale.
Ora questo padre ritorna, d'improvviso, con una telefonata, proprio mentre sta per diventare padre anche lui, assieme a una donna che non è più tanto sicuro di amare. E dibattutto in una tela che non riesce a sbrogliare, si trova a dover diventare padre e figlio nel medesimo momento.
Un libro divertente e intenso, commovente e lirico. Una scrittura, quella di Cavina, rapida ed essenziale, travolgente e con una rara capacità di raccontare e inchiodare il lettore, veloce come acqua sorgiva dalle rocce.
Per ordinarlo: 
http://www.ibs.it/code/9788871684918/cavina-cristiano/frutti-dimenticati.html

Di tutt'altro genere è il terzo libro che vi si consiglia.
Si tratta dell'opera prima di Stefano Jorio, Radiazione, edita da Minimum Fax nel 2010.
All'estremo minimalismo degli altri due romanzi, qui si sostituisce un affresco a dir poco apocalittico.
Estate 2004, Roma. Un trentenne appena assunto nei labirintici uffici di un Ministero, al servizio Opere d'Arte, si trova casualmente e suo malgrado a scoprire un intricato e pazzesco incrocio di misteri che si intrecciano in quelle stanze e in quei corridoi bui e inquietanti.
Una collezione d'arte contemporanea da inaugurare, dipinti archiviati di cui non vi è alcuna traccia in magazzino, legami assurdi con il furto dell'Urlo di Munch dal museo di Oslo e con la guerra in Iraq. Il protagonista, anarchico per nascita e ovunque fuori posto, tormentato dal ricordo di un amore perduto tragicamente, in compagnia di un giovane prete tedesco omosessuale di stanza in Vaticano, si trova ad attraversare un allucinante dedalo di intrighi e corruzioni, fino a scoprire la verità più sconvolgente possibile.
Con una scrittura corposa ed elegante, Jorio sposa alla perfezione dimensione pubblica e privata, in un romanzo avvincente che tiene col fiato sospeso dalla prima all'ultima pagina, in un romanzo al tempo stesso thriller e di formazione, d'amore e di denuncia.
Ordinatelo qui:
http://www.ibs.it/ser/serfat.asp?site=libri&xy=radiazione+jorio

Buona lettura, alla prossima,
IL LESTO

per contatti a tempo indeterminato o per vaffanculo senza troppe pretese, potete scriverci a questo indirizzo:

Nelle puntate precedenti di LestoLibri si è parlato di cotali scrittori e cotali opere:






giovedì 28 agosto 2014

QUANDO IL ROCK ERA CATTIVO E SAPEVA DI PERIFERIA ("You Really Got Me", The Kinks, 1964)

LestoNote

QUANDO IL ROCK ERA CATTIVO
 E SAPEVA DI PERIFERIA 
("You Really Got Me", The Kinks, 1964)

Aficionados carissimi,
bentornati al nostro consueto giovedì musicale. Oggi, lo diciamo subito, grande giornata: alla sesta puntata di LestoNote, iniziamo finalmente a mettere in atto quanto detto sin dall'esordio di questa rubrica, quell'ormai lontano 24 luglio in cui vi raccontammo la storia di I Got You Babe di Sonny&Cher.
In due parole: mettiamo da parte le nostre scelte e iniziamo a mettere in questo juke box le vostre proposte/richieste/racconti. Per farlo abbiamo dovuto sedare il feroce punkabbestia Brando, ma fa lo stesso. Per ciò che concerne Renoir invece, come risaputo, è sedato di suo, strafatto come sempre di marjuana.

Dunque, tra le circa cinquanta richieste valide (e si legga l'aggettivo valide in ogni accezione possibile), la prima che scegliamo è quella arrivataci direttamente dall'amico TOMMASO TUCCI, che non ci ha semplicemente suggerito una canzone, ma ben CINQUE, e per ognuna di queste ci ha raccontato esattamente la storia e tutte le curiosità del caso.
Come già scritto la settimana scorsa, per questo motivo il Tucci è nominato a tutti gli effetti MEMBRO ONORARIO DEL LESTOBUNKER. Oltre a ciò, visto il puntiglio e la precisione con cui il nostro amico ci ha consigliato e raccontato tutto, questo che state per leggere è di fatto il primo articolo dall'apertura del blog che non è scritto dal sottoscritto lestoscrivente. Qui io fungo da semplice braccio, la mente è il Tucci, fornitore unico del materiale che stiamo qui per spiattellarvi in piena faccia.
Tra le cinque proposte del Tucci abbiamo scelto quella che ci garbava di più, vale a dire You really got me, del gruppo britannico dei Kinks, attivi ininterrottamente dai primi anni sessanta fino alla metà dei novanta, uno dei tanti gruppi della madonna che sono nati in quegli anni lì e che poi però le storie ufficiali del rock tendono spesso e volentieri a dimenticare, che per le storie ufficiali sopradette pare siano esistiti solo i Beatles e i Rolling Stones.

Invece i Kinks sono stati, come già sottolineato, un gruppo della madonna, cazzuti come pochi, di quelli che di diritto devono occupare un posto d'onore nella storia del rock di tutti i tempi.
Band fondata nel 1962 da due fratelli originari dei sobborghi di Londra, Ray e Dave Davies, questo nome viene scelto per attirare su di loro l'attenzione, per presentarli come qualcosa di diverso rispetto al panorama musicale del tempo (“kinkiness” significa “devianza”).
Lanciati sul mercato nel 1964 con le solite cover tanto in voga all'epoca (loro incisero la celeberrima Long Tall Sally di Little Richard), furono sostanzialmente ignorati sia dalle radio sia dal pubblico.
Ma il successo è nell'aria, boia se è nell'aria. E arriva, devastante e squassante, in quello stesso 1964, con il primo singolo originale, che è appunto la canzone You Really Got Me, scritta da Ray Davies, e presentata al grande pubblico con una storica performance nel corso dello show televisivo Ready Steady Go!
Orbene, nel vedere questa performance, noi oggi e gli spettatori dell'epoca, ci si rende conto al volo di avere a che fare con qualcosina di parecchio parecchio diverso. Questione di sound certo, ma anche questione di stile. Altro modo di porsi, di guardare il pubblico, di stare sul palco.
Niente a che vedere col fascino luciferino e aristocratico di Mick Jagger, col dandysmo di Brian Jones o col maledettismo baudelariano di Richards. I Kinks erano cattivi, nel senso che avevano addosso la rabbia reale e profonda dei sobborghi, e il loro rock sapeva veramente di periferia.

Proprio per quest'anima così viscerale e sanguigna, non tardarono ad arrivare ostacoli, proibizioni, boicottaggi. Nel 1965, nonostante fossero da un anno in cima alle classifiche britanniche e la cosiddetta british invasion stava spopolando in tutto il mondo, le autorità statunitensi proibirono ai Kinks di esibirsi negli USA per quattro anni.
La motivazione di una sanzione così pesante, pur se mai chiarita nel dettaglio, fu proprio il comportamento della band durante i concerti, ritenuto eccessivamente brutale e selvaggio.
Tanto bastò per estrometterli dalla ribalta internazionale.

Ma per entrare nell'anima dei Kinks, per cogliere e assaporare appieno la loro diversità, non c'è niente di meglio di capire come nacque quel singolo, You Really Got Me, che gli valse l'uscita dall'anonimato e il primo posto in classifica.
Fu composta, s'è già detto, da Ray Davies. Solo che in sede di registrazione il fratello Dave, stanco del solito stile chitarristico pulito dell'epoca, cercò in tutti i modi di dare al pezzo un colore più potente e aggressivo, più cattivo e periferico, per l'appunto.
Quel fenomento di Dave Davies, esasperato e frustrato da una quantità imprecisata di tentativi falliti e insoddisfacenti, dalla rabbia non trovò niente di meglio da fare che prendere una banalissima lametta Gillette e squarciare letteralmente in due, dall'alto in basso, il proprio amplificatore.
Fece una prova. E constatato che l'amplificatore, benché sbrindellato funzionava ancora, continuò a suonare in quelle condizioni. E decise che quel particolare suono che usciva dall'amplificatore deturpato era proprio quello che cercava.
Replicato l'effetto in fase di incisione, il risultato fu il più tipico sound dei Kinks, il loro marchio di fabbrica: un suono potente e distorto.
Così, grazie a una semplice lametta Gillette...

Per quando gli artisti avevano ancora il coraggio di sperimentare e seguire le strade meno battute...
Per quando il rock era cattivo e sapeva di periferia...



Alla prossima,
IL LESTO

Per contattarci, suggerirci canzoni o per suggerirci di smetterla di rompervi i coglioni, potete scriverci a questo indirizzo:

Nelle puntate precedenti di LestoNote si è parlato di cotali canzoni e cotali artisti:






mercoledì 27 agosto 2014

I TITOLI PIÙ ASSURDI DEI GIORNALI ITALIANI


LESTOrie. In diretta dal lestobunker

I TITOLI PIÙ ASSURDI DEI GIORNALI ITALIANI

Bienvenidos y bientornados,
aficionados carissimi, proprio qui e sempre qui, nella losca spelonca che è il lestobunker, centinaia e centinaia di chilometri sottoterra, dove come d'abitudine il mercoledì si discute di quisquiglie e pinzillacchere, di questioni di vario ordine e grado che fanno impazzire quel pianeta terra da noi ormai da tempo abbandonato.

Oggi si ragiona di giornalismo. O meglio, di ciò che in termini editoriali viene definito REFUSO, vale a dire ERRORE DI STAMPA, quel qualcosa che sfugge in sede di revisione e correzione bozze, così per i libri come per i quotidiani.
Il refuso può essere di vario genere, dal semplice errore di battitura (i principali motivO), alla svista con omissione di una parola (tanto va la gatta al lardo che ci lascia zampino), fino ad arrivare a quel che preferiamo, e cioè al DOPPIO SENSO INVOLONTARIO.
Ma procediamo con ordine e calma. Non ricordo chi, ma qualcuno l'ha fatto, disse una volta che un libro perfetto è quello contenente un refuso. Non quello che non ne contiene nessuno (troppa maniacalità), e nemmeno quello che ne contiene dai due in su (evidente sciatteria), ma quello che ne contiene uno. Una provcazione senz'altro, ma che vuole sottolineare una grandissima verità: in un volume di centinaia di pagine, con decine e decine di migliaia di parole, è impossibile che non vi sia nemmeno una vista.
Chiaro che quando dai libri si passa a ragionare di quotidiani il discorso un pochino si complica. Un libro viene editato con un lavoro che dura molti mesi, per un quotidiano gli spazi sono ristrettissimi: meno, molto meno, di ventiquattr'ore. La conseguenza è che i refusi, nei quotidiani, abbondino ogni giorno.
Quindi noi, per quanto stronzi, cattivi e bastardi inside di natura, non vogliamo certo star qui a mettere in croce i poveri giornalisti/titolisti/correttori bozze per le sviste quotidiane che invetabilmente il loro lavoro comporta, ci mancherebbe altro (pure noi, in questo blog, chissà quante minchiate facciamo in questo senso...). Semplicemente, a volte, questi errori, queste sviste, son così CLAMOROSI da produrre EFFETTI ESILARANTI, così giganteschi che ti viene da dire, oltre che “all'anima del refuso”, ma come minchia hai fatto a non accorgerti??
Stiamo parlando proprio dei DOPPI SENSI INVOLONTARI di cui sopra. Per scrivere sto post abbiamo scandagliato la storia e monitorato gli archivi per darvi IL PEGGIO DEL PEGGIO del giornalismo italiano.
E vediamo un po' cosa diavolo è venuto fuori...

NAPOLI BLASFEMA
Iniziamo con “il Mattino” di Napoli, che il 22 giugno 2006 riuscì a far uscire in cronaca un articolo con questo titolo


Non potendo commentare (qualcuno ci denuncerebbe senz'altro), lasciamo parlare soltanto la foto

CAMBIANDO L'ORDINE DEGLI ADDENDI IL RISULTATO CAMBIA DI BRUTTO
Nel 2009 nel nord est si verificò uno dei tanti terrificanti casi di violenza domestica sulle donne. Come al solito, un orrendo marito violento e manesco, pensò bene di mandare all'ospedale la povera moglie nei modi più atroci possibili.
I giornali, giustamente, diedero alla vicenda ampio risalto.
A smerdare un evento così serio e a trasformarlo in barzelletta ci pensò “il Corriere del Veneto” che, nemmeno in prima pagina, ma direttamente nel foglio della LOCANDINA PER LE EDICOLE riuscì a scrivere:



Ora si sa, la lingua italiana nasce con la poesia, è pertanto l'idioma delle licenze e delle libertà stilistiche... ma è ovvio che in questo caso, mettendo il predicato verbale PRIMA del complementodi mezzo, il senso finale della frase ne risente paurosamente...

UMORISMO NERO
Metà degli anni '90. In cronaca, “Brescia Oggi”, annuncia il triste evento:


Più che di un correttore bozze in genere, in redazione pare abbiano bisogno di un selezionatore di termini... perché insomma, questa notizia, è buona o cattiva??


A VOLTE RITORNANO
Chi l'ha detto che Dylan Dog è solo un fumetto?? O che Dario Argento e Stephen King sono solo fantasiosi artisti visionari??
I morti viventi, gli zombie, esistono davvero. Almeno secondo “il Corriere del Mezzogiorno”, che nel 2001 scrive:



TUTTO HA UN PREZZO
Anche l'Ansa vuole la sua parte. L'agenzia di stampa più importante d'Italia, per non essere da meno delle testate cui smista gran parte della notizia, titola sul suo sito:



Visto che tutto ha un prezzo, specie di questi tempi, difficile realizzare subito che si sta parlando di Passera con la P maiuscola, cioè l'ex ministro...


IN TEMPI DI CRISI...
In tempi di crisi ormai siamo abituati a raschiare il fondo del barile e a inventarci di tutto pur di sbarcare in qualche modo il lunario.
I marchigiani, ci dice “il Messaggero” il 4 gennaio 2012, si organizzano così:



ignoti, gli esiti della ricerca...


BUONE NOTIZIE PER I PIROMANI
Avete il vizio del fuoco e degli incendi? Buone notizie per voi: non avrete mai bisogno del viagra, parola de “il Resto del Carlino”:




OVVIETÀ
Niente da commentare su quanto scrive “la Nazione Prato” il 30 luglio del 2012... basta il titolo nudo e crudo:




TRAGEDIA IN SLOVENIA
Piena solidarietà al popolo maschile sloveno, che stando a quanto scrive “il Gazzettino del Friuli” in data 11 ottobre 2012, è stato colpito dalla peggiore delle catastrofi possibili:



Interessante anche il sottotitolo... ora rafforzate gli sconti come in Lombardia...


IL CAPOLAVORO
Ma il capolavoro assoluto, a nostro modesto parere, lo ha realizzato “il Secolo XIX” di Genova, che nei primi anni '90, nella pagina sportiva, annunciava così la promozione del Fiorenzuola dalla serie D alla C2:



Dura, molto dura a capire che a mandare ko Sanmargheritese fosse stata la tripletta dell'attaccante Stefano Pompini, e non un festino a luci rosse la sera prima...


LA LEGGENDA
Chiudiamo con una leggenda della quale, essendo appunto una leggenda, non possediamo un documento fotografico che ne possa attestare la veridicità...
Fonti autorevoli raccontano che all'inizio degli anni '80, dopo un maxi raduno di fedeli per celebrare la Vergine Maria, la redazione del quotidiano cattolico “l'Osservatore Romano”, abbia commesso il tragico errore di titolare, a caratteri cubitali e in PRIMA PAGINA, anziché “milioni di fedeli per il culto della Madonna”:
MILIONI DI FEDELI PER IL CULO DELLA MADONNA
Sempre la leggenda narra che il panico scatenatosi tra le alte sfere cardinalizie, tanto abbia fatto da far ritirare tutte le copie del giornale già in primissima mattinata, facendo così sparire l'orrore.
Pochissime centinaia di fortunati, oggi, sarebbero in possesso della perla preziosa e irripetibile.
E, giustamente, la custodiscono gelosamente.

E con questo è tutto, aficionados, noi del lestobunker vi si saluta e vi si dà appuntamento alla prossima!

IL LESTO

per contattarci, minacciarci e all'occorrenza ucciderci, potete scriverci a questo indirizzo:


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martedì 26 agosto 2014

LA SARDEGNA SOTTO ATTACCO

LestOpinioni

LA SARDEGNA SOTTO ATTACCO

In un'estate con pochissimi soldi e poche vacanze, con città piene e spiagge vuote, con un tempo incerto e nessun gossip o tormentone degni di questo nome, per i media tradizionali è stato più complicato del solito attuare la classica terapia del sonno estivo approfittando della distrazione generale per far passare sotto silenzio determinate notizie.

Più complicato, ma non impossibile.
Soprattutto in virtù del fatto che esistono notizie sulle quali si tace sempre e comunque, d'estate come d'inverno.
Una di queste è lo spaventoso stato di militarizzazione cui è sottoposta da decenni la Sardegna.

Quando si tira in ballo la Sardegna, nei tg e nei quotidiani nazionali, generalmente si parla solo ed esclusivamente di Costa Smeralda e poco altro, vale a dire di una meta turistica da sogno frequentata da vip e milionari, sede del Billionaire di Flavio Briatore, dove nascono e proliferano tutti i più altisonanti gossip vacanzieri.

Squallori briatoreschi a parte, a sentire i media ufficiali si sarebbe portati a pensare al turismo come principale fonte di sostentamento dell'intera regione. Anche molti turisti che trascorrono qualche giorno su quelle meravigliose spiagge sono portate a considerare l'isola essenzialmente come un paradiso di vacanza. Neanche per sogno.
A suo tempo colonizzata e occupata dai Savoia e quindi dall'Italia (colonizzata e occupata sono i termini giusti e affatto provocatori, talmente veri che meritano un approfondimento a parte, in un articolo che magari scriveremo in futuro), la Sardegna è da sempre stata il principale raccoglitore nazionale del non visto, del non detto, del nascosto. Di tutto ciò che accade in Italia, deciso dalle politiche governative, ma che è meglio non sapere. In una parola: la discarica d'Italia. Anzi di più, la discarica dell'intero mondo occidentale.
Altro che meta turistica da sogno.

Nessuno sa, e soprattutto nessuno dice che il 61% (più del doppio quindi) delle servitù militari italiane sono di stanza proprio in Sardegna. E che proprio la Sardegna ospita i tre poligoni di tiro più grandi d'Europa, in piena e costante attività dal 1956.
Le consguenze di tutto questo sono tutt'altro che trascurabili.
Anzitutto l'economia di intere aree della regione (che per ovvie ragioni non sono assolutamente mete turistiche), ha finito per essere interamente dipendente dall'esistenza
del poligono. Relativamente a questo, e in maniera non del tutto secondaria, nelle stesse aree interessate vi è un reddito pro capite decisamente inferiore al resto dell'isola, nonché, ovviamente, un massiccio spopolamento.
A questo si aggiunga il costante aumento di tumori. Non vi sono ancora dati certi sulla correlazione tra impatto ambientale delle attività militari e determinate forme tumorali, ma non ci vuole un'équipe di scienziati per comprendere come tali attività siano tutt'altro che ecocompatibili.
Non è certa nemmeno la presenza di uranio impoverito, ma è invece provata la presenza massiccia di altra sostanza radioattiva e pericolosissima, il Torio 232. Così come è certo che almeno 800 ettari di territorio siano stati dichiarati contaminati.

La soluzione sarebbe una totale bonifica del territorio, operazione il cui costo si aggirerebbe, secondo le stime più autorevoli, ad alcune decine di milioni di euro.
Soldi che non solo nessuno ha, ma nemmeno che nessuno vuole provare a trovare.
Perché nessuno ha intenzione di risolvere questa situazione.
Anzi, a partire dal prossimo ventuno settembre, e per tutto l'autunno, le esercitazioni militari in Sardegna saranno considerevolmente intensificate, al punto da trasfromarla in un colossale teatro di prova per gli armamenti utilizzati dalle forze occidentali nei vari teatri di guerra che stanno devastando il mondo.

Tutte queste attività sono già state pianficate e approvate dalla giunta regionale e dal governo nazionale, da tempo e nel silenzio più assoluto e complice possibile dei media.
Le possiamo leggere nel dettaglio nel Programma del Secondo Semestre 2014 redatto dal Ministero della Difesa. In questo documento si insiste più volte con il termine esercitazioni, ma è chiaro come il sole che nel prossimo autunno la Sardegna verrà letteralmente bombardata.

Non è per niente facile reperire certe notizie.
Al di là dei media ufficiali, anche in internet l'informazione in proposito scarseggia.
Gli unici ad occuparsene costantemente sono, ovviamente, i quotidiani locali.
L'Unione Sarda, lo scorso 23 luglio, ha pubblicato e analizzato nel dettaglio tutte le operazioni militari cui l'isola sarà sottoposta da settembre in poi.
Proviamo una sintesi:
a QUIRRA (già teatro nel 2013 di una guerra elettronica simulata), verranno effettuati lanci di missili Aster 30 da terra e di razzi Spada, nonché azioni di bombardamento dagli elicotteri;
nel poligono del SULCIS andranno in scena bombardamenti effettuati con sganciamenti dagli aerei, tiri contro costa (cioè lanci dalle navi verso terra), e scuola di tiro missili Tow, Panzerfaust e Milan, tutti dotati di testate al già ricordato Torio 232;
a CAPO FRASCA, costa occidentale, volerà l'Iaf, l'areonautica israeliana, che testerà artifici di 6 tonnellate sganciandoli dagli aerei; previste anche esercitazioni di altre varie nazioni militarmente alleate all'Italia;
nel poligono di SANT'ENA sarà di stanza la Brigata Sassari, che per dodici giorni al mese si eserciterà testando bombe a mano e altre armi individuali.

In molti speravano, col passaggio della giunta regionale al centrosinistra, che le cose in materia militare sarebbero cambiate.
Il PD invece, per l'ennesima volta, delude (o forse sarebbe il caso di iniziare a dire “conferma”?), e si allinea e incrementa le peggiori politiche possibili.

Alla prossima,
IL LESTO

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