LestoFilm
QUANDO PASOLINI ANDAVA
A CACCIA DI NUVOLE
Aficionados
carissimi,
eccoci giunti
all'appuntamento del sabato, quando io sottoscritto lestoscrivente e
l'alieno viola Diego Armando vi si parla di cinematografo.
Dopo la discesa nell'inferno dei desaparecidos con Garage Olimpo della settimana scorsa, oggi ci è presa voglia di fare un gran balzo all'indietro
nel tempo e discorrere nientepopodimenoche di Pier Paolo Pasolini.
Un uomo talmente
gigantesco che si fa quasi fatica a parlarne, tanto è importante. Ma
noi ci si prova lo stesso, poi ci direte voi, che qui nel lestobunker
Pasolini è una specie di totem, il faro di ogni nostra notte, lo
squarcio di luce che ci illumina ogni santa mattina. E siamo davvero
convinti che, come disse al tempo Moravia, tra tutto il pandemonio
del secolo scorso Pasolini sia tra i pochissimi che contino davvero
qualcosa.
Noi però oggi non
vi si starà a parlare in generale del cinema di Pier Paolo, che
questo è un semplice post d'un blog scritto a centinaia e centinaia
di chilometri sottoterra, non abbiamo a disposizione trecento pagine
e nemmeno vent'anni per compiere uno studio approfondito e degno di
questo nome. E manco di un film, vi si parlerà. No, noi oggi si ha
voglia di ragionare di un'opera piccolissima e immensa. Un
cortometraggio, diremmo oggi. Venti minuti o poco più di pellicola.
Un gioiello datato
1967 intitolato Che
cosa sono le nuvole?
Orbene, si proceda
con ordine e con un minimo di criterio.

Ma l'avanzare degli
anni '60, il boom economico, il trionfo definitivo della società dei
consumi, spazzavano via con una rapidità pazzesca e impensabile ogni
residuo del mondo arcaico, compreso quello “disperatamente amato”
dallo scrittore friulano delle borgate romane.
Sgomento e
angosciato per l'avanzar funesto del nuovo mondo cannibale e
spietato, Pasolini comincia a volgere lo sguardo altrove, a ricercare
quella purezza perduta in mondi e scenari più arcaici.
Anche (soprattutto?)
per questo nel 1964 gira Il
Vangelo, come se nella
Palestina dell'anno zero e nel mondo degli ultimi difeso da Cristo
rivedesse e ritrovasse quella purezza arcaica perduta. Più avanti,
negli anni, Pasolini andrà ancor più a ritroso, ricercando quella
stessa purezza nel mondo preistorico e primordiale del mito greco,
girando film come Edipo
Re e Medea.
Ma nel mezzo, tra il
mito cristiano e il mito pagano, Pasolini cerca la “fuga” in
un'altra dimensione ancora.
Una specie di
surreale, elegiaca e tragica comicità.
Regista soprattutto
di volti,
oltreché di ideologie e contenuti, è proprio una maschera
a far scattare e
vibrare questa molla nell'immaginario di Pasolini: la maschera
clownesca e struggente di Totò.

Il principe Totò e
il ragazzetto borgataro: una coppia che solo un genio come Pasolini
poteva anche solo pensare. Il risultato è un altro assoluto
capolavoro: Uccellacci
e uccellini.
Questo pazzesco
assortimento, l'immensità di Totò e l'eterea spontaneità di
Ninetto, scatena l'immaginario fantastico di Pasolini come
nient'altro nella vita, e attorno a loro due fioriscono progetti a
non finire, che solo l'improvvisa scomparsa di Totò impedisce di
realizzare.
Oltre Uccellacci
e uccellini si
concretizzano così solo altre due piccole gemme, due cortometraggi:
La terra vista dalla
luna e, appunto, Che
cosa sono le nuvole?
All'epoca, anni '60,
andavano di moda i film a episodi.
Funzionava così. Un
produttore, per fare cassetta, si inventava dal nulla un film
sfruttando uno o più attori in voga al momento. Chiamava quattro o
cinque sceneggiatori e altrettanti registi e a ognuno commissionava
un breve episodio (venti minuti o poco più), con l'unico paletto che
avessero al centro quello o quell'altro attore. Si girava di fretta,
poco più d'un mese di riprese e il film era bell'e pronto.
Nati col solo scopo
di battere cassa, sti film qua 99 volte su 100 nella peggiore delle
ipotesi son brutti che più brutti non si può, nella migliore,
inutili, assolutamente inutili.
Capriccio
all'italiana,
nato per sfruttare Totò e il duo Ciccio&Franco, non fa
eccezione, nel senso che pure questo è inutile e bruttarello.
Inutile
e bruttarello tranne che per venti minuti, quei venti minuti cioè in
cui improvviso e fatale come un bianchissimo fior di loto, appare
sullo schermo sto pazzesco e insuperabile squarcio di poesia che è
Che cosa sono le
nuvole?

Otello
è Ninetto, e parla romanesco, Desdemona è Laura Betti, mai così
dolce e mai così bambola, Franco Franchi è un candido e
inconsapevole Cassio, Adriana Asti è un'innocentissima Bianca,
Ciccio Ingrassia un allucinato Roderigo. E Totò, il grande Totò,
qui all'ultima rappresentazione prima di uscire per sempre di scena,
è un inquietante e funereo Jago col volto truccato di verde.
L'espediente
della “rappresentazione nella rappresentazione”, permette a
Pasolini di regalarci un intenso, meraviglioso e brevissimo apologo
sull'esistenza umana, concentrando con la più grande e tragica
naturalezza domande e riflessioni immense ed eterne.
La
contentezza immotivata dell'essere al mondo nel puro mistero della
nascita (“perché so' così contento?”, chiede Otello/Ninetto
appena 'fabbricato' dal marionettista, “perché sei nato”,
risponde Topazia, “e che vor di'?”, insiste Ninetto, “vuol dire
che ci sei”, conclude Totò/Jago), l'essere marionette, prigionieri
di un ruolo imposto non si sa da chi, ma dal quale non riusciamo a
liberarci fino a perdere la nostra stessa natura, la frattura
insanabile tra apparire ed essere.
Dietro
le quinte, in una pausa del dramma, Ninetto/Jago proverà a
ribellarsi al ruolo che gli viene imposto di recitare. “Perché so
così stupido? Perché devo crede alle cose che me dice Jago,
perché?”, chiede con rabbia al marionettista. “Forse perché sei
tu che vuoi ammazzare Desdemona”, risponde il marionettista senza
scomporsi. “Io voglio ammazza' Desdemona? E perché?”, chiede
ancora Ninetto. “Forse perché a Desdemona piace essere ammazzata”,
replica di nuovo il marionettista.
“Ma
allora qual è la verità?”, continua a chiedersi Ninetto, “Quello
che penso io de me, quello che pensa la ggente, o (indicando
il marionettista) quello
che pensa quello là dentro?”.

L'ineffabilità
della verità, l'impossibilità di coglierla se non in brevissimi
silenzi, la natura puramente illusoria dell'esistenza (“Perché
dovemo esse così diversi da come se credemo, perché?”, chiede
disperato Ninetto. “Eh, figlio mio... noi siamo in un sogno dentro
un sogno”, risponde Totò).
Tuttavia,
il dramma non si concluderà come previsto dal copione.

Gettate
nei cassonetti della spazzatura, le due marionette vengono raccolte
dall'immonnezzaro, quello che “viene, prende i morti e se ne va”,
una specie di malinconico Caronte interpretato da Domenico Modugno,
che mentre raccoglie i due cadaveri canta una struggente e straziante
canzone d'amore scritta dallo stesso Pasolini.
Morti,
diventiamo monnezza da gettar via.
Eppure,
inaspettatamente, nella discarica in cui vengono abbandonate, anziché
l'inferno le due marionette trovano finalmente il paradiso.

Perché
la bellezza è un lampo, uno squarcio che resiste nella discarica
della vita e della morte, nella discarica che è diventato il mondo.
Un bagliore splendido da cercare e difendere.
Pasolini
per dircelo è andato a caccia di nuvole e ci ha restituito tutto
questo.
Qui
sotto non vi linkiamo una scena del film, ma il corto intero.
Guardatelo,
dura appena venti minuti.
Ed
è importante, ogni tanto, fermare l'insensato girotondo e dedicare
venti minuti alla difesa della bellezza.
Dedicare
venti minuti alla caccia delle nuvole.
Fa
bene al corpo e allo spirito. E al cuore. Soprattutto, al cuore.
Alla
prossima,
IL
LESTO
Per
commenti, contatti, suggerimenti, vita morte e miracoli, potete
scriverci a:
anche quest'articolo è poesia.
RispondiEliminapoesia pura e mi sono anche commossa
grazie!