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L'ITALIA AI TEMPI DI
TAVECCHIO

A lui, a Tavecchio,
il compito di rifondare l'immagine a pezzi dell'intero calcio
italiano.
Ma non è di calcio
nello specifico che vogliamo parlare, non dei motivi che impongono
una simile opera rifondante.
Usiamo le votazioni
in FIGC come spunto e parliamo di Italia in generale.
Nonostante la
percentuale bulgara con cui è stato eletto, nonostante la sua
vittoria fosse molto più che annunciata e scontata, l'investitura di
Tavecchio è stata accompagnata da uno sciame infinito di polemiche e
indignazioni.
Soprattutto, sarà
seguita da polemiche e indignazioni d'ogni ordine e grado. Oggi e
nei giorni a venire. Motivo: le frasi spudoratamente razziste e
maschiliste (o, se preferite, le uscite infelici come
le ha minimizzate certa stampa) pronunciate da Tavecchio in questi
ultimi giorni.
Non proprio
l'ideale, per una persona cui in primis si chiede di restituire
un'immagine credibile e pulita a uno sport diventato vergognoso e
improponibile sotto ogni aspetto.
Eppure, nonostante
tutto, io credo fermamente che tutto questo vespaio di polemiche sia
sostanzialmente inutile, oltreché completamente sbagliato. Così
come credo, altrettanto fermamente, che Carlo Tavecchio sia il
miglior rappresentante possibile per l'Italia di oggi, calcistica e
non.
Cerchiamo di capire
perché. In quattro mosse:
1.Il vecchio e il
nuovo
Partiamo dalla
stretta questione in proposito, vale a dire dal calcio.
Albertini, lo
sconfitto, rappresentava il nuovo. È giovane, pulito, non ha
protezioni forti, ha idee radicali e innovative e, soprattutto, non è
uomo “di sistema”, ma è persona “di settore”: ex calciatore,
il settore lo conosce dall'interno, da puro addetto ai lavori. Non a
caso, ha avuto l'appoggio di chi il calcio lo fa, vale a dire
allenatori, calciatori e una discreta fazione di arbitri.
Credo basti, per
calciofili e non, questo ritratto tracciato sommariamente per rendere
lampante l'assoluta e totale inattitudine di Albertini a ricoprire un
simile ruolo.
Il nuovo, quel nuovo
reale e non fittizio, quello che vuole realmente proporre
qualcosa di diverso, in Italia non lo vuole nessuno, non lo vuole il
potere e non lo vuole nemmeno la gente.
In un paese dove
meritocrazia e competenza sono costantemente e quotidianamente prese
a calci in faccia, derise e vilipese, dai piani alti fino all'ultima
strada, per un uomo come Albertini non c'è spazio.
In Italia la scuola
non la fanno i professori, la sanità non è gestita dai medici, ma
dalle stanze dei ministeri, dalle scartoffie dei funzionari, dagli
interessi incrociati, dalle protezioni che contano. Così allora
nemmeno il calcio lo fanno, né devono farlo, i calciatori. C'è il
rischio poi che le cose cambino davvero, che magari si dia veramente
meno potere agli sponsor, ai diritti televisivi. E questo non deve
accadere.
Se avesse vinto,
Albertini sarebbe durato al massimo tre giorni. Invece c'è bisogno
di stabilità, c'è bisogno di cambiare tutto affinché non cambi
nulla, c'è bisogno dell'amato e rassicurante vecchio. C'è
bisogno dell'uomo estraneo al pianeta calcio ma “di sistema”,
spalleggiato dai presidenti delle società e caldeggiato dalle stanze
della politica, c'è bisogno di chi dia l'illusione di fare
mantenendo lo status quo.
C'è bisogno di
Tavecchio, in definitiva.
2.La
parola e l'urlo
Albertini è
educato, garbato, elegante. Non alza la voce, non urla, non insulta,
non cede alle provocazioni più becere, non getta la discussione in
rissa. Non è nemmeno presenzialista, non è logorroico e non sgomita
per prendersi la luce dei riflettori.
In sostanza,
nell'Italia di oggi, Albertini è antipatico.
Un paese volgare,
rissoso per puro gusto di caciara, che scambia l'urlo e l'insulto per
dimostrazione di forza e autorevolezza, il saper menare le mani per
sicurezza e affidabilità e la furbizia meschina per intelligenza,
non può che percepire un uomo pacato come un incapace senza
attributi o, nella migliore delle ipotesi, come un alieno pericoloso.
Quindi c'è bisogno
di chi sa urlare, insultare e menare forte all'occorrenza. Di chi sa
alzare polvere e scatenare zuffe coatte. Di chi calpesta gli altri
per sopravanzare. Di chi sa garantirsi protezioni importanti a suon
di favori d'ogni sorta. Di chi twitta compulsivamente. Di chi parla
ogni istante, non importa quanto a sproposito.
C'è bisogno di
Tavecchio, in definitiva.
3.Razzismo
e maschilismo
Albertini è
antipatico anche perché non dice cazzate.
In Italia la
simpatia che susciti è direttamente proporzionale al numero di
cazzate che escono dalla tua bocca, alle figure di merda che riesci a
fare in mondovisione, alle gaffe internazionali che riesci a
produrre. Se non sei in grado di fare tutto questo, il popolo non si
riconosce in te e ti fa la guerra. Una legge sociologica elementare,
che però il partito di Albertini non ha capito, mentre quello di
Tavecchio sì.
Tavecchio ha
definito i calciatori africani dei mangiatori di banane, ha
sostenuto l'inferiorità del genere femminile. E lo ha fatto
nei giorni immediatamente precedenti alla sua elezione, in piena
campagna elettorale. Noi possiamo scandalizzarci e insorgere quanto
vogliamo, ma è bene capire che simili sparate, questo razzismo e
questo maschilismo esibiti e soprattutto minimizzati con tanta
disinvoltura, hanno finito per rafforzare la sua candidatura.
In fondo, che avrà
detto mai? Non siamo esagerati, suvvia. Cazzatine, scherzucci
innocenti, battute bonarie e cameratesche che si fanno pure al bar,
perché non può farle pure lui? Mica ho ammazzato Kennedy, si
è giustificato Tavecchio.
In Italia abbiamo un
ministro dell'interno che ancora usa l'appellativo vu cumpra'.
Quale miglior presidente per la FIGC di uno che parla di negri
mangiabanane?
Per vent'anni
abbiamo osannato e incensato un Premier che dava della culona alla
Merkel, che ribadiva il suo appeal in Francia in virtù delle turiste
francesi stese in gioventù, che faceva le corna, che dava del
kapò a Schultz, che parlava del confino fascista come di una
vacanza.
Quale miglior
presidente FIGC, per noi italiani, di Carlo Tavecchio?
4.Polemiche
da bar
E le polemiche,
queste polemiche, a cosa servono? A ribadire l'occasione persa
nel non eleggere Albertini? No, neanche per sogno. Sono solo
polemiche da bar, buone a tenerci impegnati, a tenere viva la mischia
rissosa, a tenere in piedi un teatrino assurdo di cui,
inconsciamente, facciamo parte.
Domani, dopodomani
al massimo, di Albertini e del suo programma ce ne saremo
dimenticati.
Penseremo al toto
allenatore, a chi siederà sulla panchina della nazionale, alla sua
partita d'esordio, all'inizio del campionato, alla pay tv in
esclusiva.
Poi succederà
qualcosa.
Un arbitro non
concederà un rigore netto e grideremo al campionato falsato.
Scoppierà qualche scandalo e batteremo il pugno contro un sistema
malato e corrotto, contro un assurdo giro di milioni e miliardi che
non è più ammissibile e deve finire. Diremo che ci sentiamo presi
per il culo, invocheremo la zappa e la vanga per tutti gli
appartenenti al pianeta calcio.
Poi passerà qualche
ora. E noi ci calmeremo, prenderemo il telefono e rinnoveremo il
nostro abbonamento Sky, pacchetto calcio completo, per l'intera
stagione. In onore dell'Italia. E in onore di Carlo Tavecchio, il
miglior presidente possibile.
IL LESTO
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Sul fatto che hanno prevalso i grandi interessi e che Albertini NON andava eletto, posso essere anche d'accordo.
RispondiEliminaPerò l'immagine che dai del popolo italiano (violento, rissoso, volgare, ignorante, menefreghista, amante dei furbi) mi sembra un po' esagerata...
Ecco, apocalittica, pessimistica e anche un po' ingiusta
Non è apocalittica, né pessimista, né tanto meno ingiusta.
RispondiEliminae' TRAGICAMENTE così... che ci piaccia o no, gli italiani sono esattamente come vengono descritti in quest splendido articolo.
completamente d'accordo, grazie riccardo
adoro questo blog