LestoFilm
QUANDO BELLEZZA ERA
SINONIMO DI FASCINO
(il cinema ai tempi di
Lauren Bacall)
Aficionados illustrissimi,
bentornati e bentrovati al
consueto appuntamento del sabato dedicato al cinematografo.

Che tempi erano quelli là?
Che cinematografo si faceva? Come lo si faceva?
Nella notte dei tempi la
pittura, grazie ai ritrattisti, aveva fatto una scoperta meravigliosa, e cioè
che il volto umano è come un paesaggio. Ha colori, sentieri, sfumature,
stagioni, improvvise e repentine mutevolezze.
E se il ritratto aveva il
potere di eternarne l’attimo, l’istante, il cinematografo, grazie al primo
piano, seppe materializzare la magia di restituirne i movimenti, i passaggi di
tempo brevi e impercettibili.
A quel tempo, anni quaranta, il cinematografo – nonostante fosse arte più che giovane, con
l’utilizzo del primo piano aveva già fatto meraviglie.
Bunuel, tanto per dire,
aveva già scioccato il mondo intero mostrandoci un occhio brutalmente reciso in
Un chien andalou. Dreyer, sempre tanto
per dire, era andato ben oltre realizzando uno splendido film interamente fatto
di primi piani: La passione di Giovanna d’Arco.
E come dimenticare il
sorriso che sorge come l’aurora in primavera sul volto di Chaplin
nell’inquadratura finale di Luci della città?
Per gli attori fu mica
facile.
Venivano tutti dal teatro
e i codici della recitazione cinematografica erano tutti da inventare. A teatro
un qualcosa di simile al primo piano non esiste: come essere credibili
sbattendo addosso al pubblico il proprio volto in dimensione cinemascope, come
riportare tutti i micro passaggi di quel paesaggio umano senza essere
eccessivi, caricati, innaturali?

Niente di tutto questo.
All’epoca la bellezza si chiamava fascino.
Il fascino del magnetismo,
dell’intensità, di esprimere emozioni gigantesche in uno sguardo e in movimenti
impercettibili e restituirle, quelle emozioni, violente e implacabili. Il
fascino di catturare e far girare la testa e attorcigliare lo stomaco.
Un fascino che, nel caso
degli attori, non poteva esistere senza talento.
Lauren Bacall, la
splendida e grandiosa Lauren Bacall, era una di quelle attrici in possesso di
tutte queste doti.
Al punto che nel 1944,
appena diciannovenne, fu scelta per il film Acque del sud, tratto dal romanzo di Sua Maestà Hemingway Avere
e non avere. E la scelsero non come
comprimaria. La giovane Bacall fu immediatamente scaraventata come
coprotagonista al fianco di un attore che già all’epoca era molto più che un
mostro sacro: l’immenso Humphrey Bogart, uno che a fascino e talento non era
davvero secondo a nessuno.
Basta sentirla e guardarla
cantare in questa brevissima sequenza per
capire cosa sia il fascino dell’attore.
Il sorriso, il breve
muoversi delle pupille, la vaga direzione degli sguardi. Tutto e niente. Un
tutto e niente che basta a farci innamorare. Il talento di trascinare noi
spettatori all’interno del film, visto
che ci innamoriamo e restiamo incantati nello stesso identico modo dei
personaggi del bar. E di Bogart.
O come in quest’altra
celebre scena, medesimo film, del bacio tra i due grandi attori. Una
schermaglia di sguardi, un fuoco incrociato di passioni in crescendo, una sfida
insostenibile di fascini irresistibili, volti che non vanno semplicemente a
commentare i dialoghi, ma vi si sovrappongono, fanno da contrappunto,
materializzano il non detto.
Questo film proiettò la
Bacall nell’olimpo dorato della Hollywood del tempo.
Interpretò molti altri
film, tra la fine degli anni quaranta e per tutti gli anni cinquanta, diverse
altre volte fu ancora al fianco di Bogart, che fu anche suo compagno nella vita
(suo unico vero amore, come lei stessa
ebbe a dire più volte).
Tra tutti i titoli, si
vuole ricordare – sempre io e l’alieno viola Diego Armando, soprattutto
l’esilarante commedia Come sposare un milionario, dove la Bacall recitò accanto a due altre meraviglie di fascino e
splendore come Betty Grable e Marilyn Monroe.
Poi via via, dagli anni
sessanta in poi, le apparizioni della Bacall sul grande schermo si fecero
sempre più sporadiche fino a diventare eventi straordinari (come il ruolo nel
film della Streisand L’amore ha due facce,
del 1996, che gli valse il Golden Globe e la nomination all’oscar come Miglior Attrice
Non Protagonista).
E ci può suonare strano,
questo progressivo diradarsi dallo schermo, ma per quella gente lì, per gli attori
veri, il presenzialismo a tutti i costi non è
mai andato di moda.
Noi vi si lascia così, in
silenzio e in punta di piedi, che quando si parla di gente come la Bacall è
bene parlare poco e guardare tanto. E vi si linka un ultimo video, uno
splendido montaggio di alcune tra le sue scene più celebri sulle note di Who
was that lady?
Guardate quegli occhi,
quello sguardo, quel fascino. E capirete cosa vuol dire essere grandi attori…
Alla prossima,
IL LESTO
Nelle puntate precedenti di LestoFilm
si è discusso di:
Un uomo che a Firenze seppe inventare il cinema prima dei fratelli Lumière, ma nessuno se ne accorse
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